Le parole sono importanti: modi di dire spagnoli e molto di più

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Le parole sono importanti: modi di dire spagnoli e molto di più

I modi di dire spagnoli sono al centro di una nuova rubrica che sto tenendo, da qualche settimana a questa parte, sui miei social, ovvero Facebook , LinkedIn e Instagram.

Se mi segui già, sai che ho pubblicato diversi post riguardanti l’origine e l’etimologia delle parole.
Questo, perché? Perché le parole sono importanti: oltre a permetterci di comunicare quotidianamente, portano con sé tante storie, ricordi, sensazioni, emozioni, un mondo nascosto pieno di significati.

Da quest’idea, magari portata avanti con meno veemenza rispetto a Nanni Moretti in “Palombella rossa”, è nata la mia rubrica “Le parole sono importanti”. Sono profondamente convinta che conoscere l’origine e il significato più antico delle parole sia utilissimo per saperle. Nel mestiere del traduttore, poi, come del resto in molti altri, questo è imprescindibile.

Ecco, in breve, i post usciti finora per la mia rubrica, che trovate ogni venerdì suFacebook 
LinkedIn
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MÁS VALE TARDE QUE NUNCA

Le sue lontanissime origini le dobbiamo a Diogene Laerzio (180 – 240), storico dell’Antica Grecia. Laerzio, arrivato già a età molto avanzata, decise di cominciare a ricevere lezioni di musica. Il suo maestro gli fece notare (la storia non racconta quanto diplomaticamente) che non era più tanto giovane per studiare il solfeggio, e fu lì che pronunciò la famosa frase che tutti usiamo oggi, anche in italiano con “Meglio tardi che mai”.
Anch’io vorrei avere quella grinta e mettermi a studiare, che so, l’arpa, solo per vedere la faccia di chi mi chiede se suono uno strumento musicale quando rispondo “Si, l’arpa a levette”.

QUIEN SE FUE A SEVILLA PERDIÓ SU SILLA

La traduzione letterale di questa frase sarebbe “chi è andato a Siviglia ha perso la sua poltrona”. In Italiano, potremmo trovare un corrispondente in “Chi va a Roma perde poltrona”. In Spagnolo però questa frase, che indica perdita di privilegi o valori dopo essere andati via, ha origine nel regno di Enrico IV di Castiglia (1425-1474). In quei anni l’arcivescovo di Santiago di Compostela chiese aiuto a suo zio, l’arcivescovo di Siviglia, per placare le rivolte della diocesi. Così l’arcivescovo di Siviglia partì per Santiago lasciando in carico la sua chiesa al nipote, che al ritorno dello zio non volle più cedergli la sua poltrona.
Vi siete accorti che, detta così, la frase sembra non essere giusta? Infatti la frase originale probabilmente era “Chi se n’è andato da Siviglia ha perso la poltrona” ma, come succede spesso, con l’evoluzione della lingua, la frase ha subito delle modifiche fino ad arrivare a quella che tutti usiamo oggi.

ESTAR EN SUS TRECE

In Spagnolo, quando qualcuno è testardo e non vuole demordere, si dice che “está en sus trece”, che letteralmente sarebbe “stare nei suoi tredici”. Dobbiamo quest’espressione al papa Benedetto XIII, detto anche papa Luna, eletto nel 1934 proprio nel mezzo di una lotta di potere fra diversi paesi che volevano far tornare la sede papale al Vaticano, dopo il suo spostamento ad Avignone. La nomina di Benedetto XIII andava in conflitto con quella di Bonifacio IX come Papa legittimo e così, dopo lo schieramento di Francia contro Benedetto XIII, questo si trasferì al Castello dei Templari (Peñíscola) da dove continuò a comportarsi come Papa nonostante tutte le pressioni che gli venivano fatte perché abbandonasse. Poco dopo cominciarono a usarsi diverse espressioni come “estar en sus trece”, “mantenerse en sus trece”, “quedarse en sus trece” riferendosi ovviamente al numero tredici del nome di quest’uomo che decise di non cedere nonostante tutto.

LLUEVE A CÁNTAROS

Probabilmente è il corrispondente spagnolo di “Piove a catinelle”. È una frase che si utilizza per indicare una pioggia fortissima, dato che il “cántaro” è una specie di contenitore, di terracotta, ceramica o metallo, più stretto sopra e largo sotto, per trasportare liquidi.

Io, nella mia Cuba di più di 20 anni fa, usavo tantissimo questa frase. L’isola è abituata ai cambiamenti di umore del cielo. Cammini e c’è il sole, poi cominciano ad arrivare i nuvoloni neri e hai giusto il tempo di metterti al riparo che ti sembra di ricevere addosso tutta l’acqua di questo mondo.

Per i bambini e i ragazzi cubani la pioggia così forte è un evento veramente divertente, perché ci si fa il bagno. E questa è una delle ragioni per le quali adoro il rumore e l’odore della pioggia. Mi riportano indietro, a quando, da bambina, correvo nel cortile di casa e saltavo sulle pozzanghere cristalline, appena create da un’acqua dolce, molto dolce, che cadeva dalle grondaie, come a creare docce giganti all’aria aperta.

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COMO PEDRO POR SU CASA

Questo modo di dire spagnolo, che letteralmente significa “Come Pedro a casa sua”, indica quando una persona ha un comportamento di confidenza in una situazione estranea. Inizialmente aveva una connotazione positiva, che indicava la capacità di adattarsi a situazioni nuove, ma oggi si usa di più per indicare l’eccesso di familiarità dimostrato da una persona in certe circostanze.
Ma non tutti quelli che lo usano conoscono le origini di questo proverbio.
La versione più diffusa è che dobbiamo questa frase fatta al Re Pietro I di Aragona, e più specificamente alla vittoria che, il 15 novembre di 1096, gli permise la conquista di Huesca, città musulmana che, grazie all’assedio e ingresso di Pietro I, passò a formar parte del Regno di Aragona.

A BUENAS HORAS MANGAS VERDES

Quando in Spagnolo si usa questa frase, si vuole far intendere alla persona che è arrivata che è troppo tardi, e ormai di lei non c’è più bisogno. Un po’ come dire che ormai la sua presenza è completamente inutile.
Nel 1476 i Re Cattolici crearono un corpo di polizia per custodire le strade e intervenire in caso di bisogno. In quegli anni sentieri e cammini erano invasi da criminali che rubavano, assaltavano, ecc., approfittando del momento storico. I soldati di questo improvvisato corpo di polizia usavano una divisa con colletto e maniche verdi, e arrivavano spesso molto in ritardo data la scarsità delle risorse per muoversi da un posto all’altro e anche perché erano contadini arruolati molto in fretta per fare da salvatori dei cittadini.
La storia racconta che molte volte arrivavano proprio quando era tutto finito e il problema era stato bene o male risolto dai cittadini della zona, che quando li vedevano arrivare dicevano “A BUENAS HORAS MANGAS VERDES”, che letteralmente sarebbe “A BUONORA ARRIVANO LE MANICHE VERDI”.

SALVADO POR LA CAMPANA

L’origine di questo proverbio è fonte di grande discussione, dato che si parla di ben due origini di cui, una più plausibile e l’altra anche un po’ macabra.
La frase, che letteralmente significa “salvato dalla campana” si usa per indicare un evento che ha evitato un compito molto noioso o impegnativo.
Probabilmente, questo proverbio ha origine dal pugilato. Nel XIX secolo, in Inghilterra, questo sport smise di essere “sport da cavalieri” per passare alle classi più basse in cui uomini molto forzuti combattevano anche in modo abbastanza brutale. Così, dovettero stabilire certe regole, tra cui il segnale di inizio e fine dei round attraverso il suono di una campanella. Quindi chi stava per essere pestato si salvava dal rumore della campana.
L’altra origine, che tanti studiosi contestano anche date le lacune storiche, ci porta a tempi antichi, in cui, dato che non c’erano tutte le tecnologie e conoscenze attuali, spesso le persone venivano sepolte vive per errore. Per evitare che succedesse ancora, decisero di seppellirle con una campanella in modo tale che potessero suonarla se per caso si svegliavano. In realtà, casi del genere si conoscono ma non in tempi così antichi, ce ne parla anche Edgar Allan Poe nel suo racconto horror “La sepoltura prematura”.

MARCHARSE A LA FRANCESA

Questa è un’espressione usata per indicare, a mo’ di critica, quando qualcuno va via senza neanche salutare e letteralmente significa “andarsene alla francese”.
Nella corte francese del XVIII secolo era consuetudine andarsene da feste e banchetti senza salutare e questo modo di fare era conosciuto come “Sans adieu” (senza saluti). La nobiltà si giustificava spiegando che era di cattivo gusto interrompere una conversazione solo per annunciare la partenza, oltre al fatto che non salutando si trasmetteva l’intenzione implicita di voler tornare a far visita al padrone di casa.
È evidente che questa usanza durò molto poco e che la corte francese tornò a salutarsi con un “arrivederci” prima di andare via da feste e cerimonie. Nonostante l’assenza dei social e di internet, pronti a viralizzare belle e brutte abitudini, questa moda arrivò subito a conoscenza dell’alta società di paesi come Spagna e Inghilterra che la catalogarono come “maleducata”.
Ecco perché quando qualcuno va via senza salutare diciamo che se n’è andato alla francese.

PONERSE LAS BOTAS

Quest’espressione, che letteralmente significa indossare gli stivali, si usa in Spagnolo per indicare che qualcuno ha mangiato troppo, oppure che si è arricchito o ha approfittato di qualcosa abbondantemente.
Il legame fra l’abbondanza e gli stivali proviene proprio dalle origini di questo tipo di scarpe. Inizialmente gli stivali venivano usati solo da persone abbienti, così i cavalieri che a tavola si potevano permettere un grande banchetto, perché avevano i soldi, erano facilmente identificabili dagli stivali che indossavano, che li proteggevano dal freddo e la pioggia, mentre gli altri portavano semplicemente sandali o scarpe leggerissime.
Da qui il significato dell’espressione: chi ha gli stivali può permettersi un ricco banchetto, magari anche a discapito di chi non li porta.

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EN BOCA CERRADA NO ENTRAN MOSCAS

Questa frase significa letteralmente “In bocca chiusa non entrano mosche”, ha le sue origini nel XVI secolo.
Si dice che in uno dei suoi viaggi, Carlo I, che aveva una malformazione alla mandibola e con il passare degli anni aveva sempre più la bocca semiaperta, decise di visitare Calatayud.
Mentre camminava per la città un cittadino gli disse “Maestà, chiudete la bocca che le mosche di queste terre sono impertinenti”. Da allora questa frase passò al dominio popolare degli ispanoparlanti per indicare a una persona di stare zitta.

IRSE DE PICOS PARDOS

Tale modo di dire si usa per indicare quando una persona esce la sera a bere e divertirsi o addirittura in cerca di qualche avventura amorosa.
La sua origine la dobbiamo, anche questa volta, a un re. Avete notato che tantissime delle frasi fatte in Spagnolo hanno un qualche rapporto con i reggenti di diversi periodi storici?
In questo caso si tratta di Carlo III. Ottimo governante, da quel che racconta la storia. Ebbene lui decise che le prostitute, per poter essere identificate meglio, la sera dovevano portare una gonna lunga con degli inserti a quattro punte (picos) e di color marrone (pardo).
Così quando qualcuno usciva la sera in cerca di amore a pagamento, si diceva che “se iba de picos pardos”.
Ovviamente oggi questa frase, come dicevo all’inizio, non ha più solo questo significato, ma si usa anche per indicare l’uscire la sera a bere e divertirsi, magari anche un po’ troppo.

EN MARTES, NI TE CASES NI TE EMBARQUES

Letteralmente, indica che di martedì non ci si sposa né si parte, si usa spesso per indicare che il secondo giorno della settimana non è il più adatto per intraprendere viaggi o prendere decisioni importanti, sia nella vita personale che professionale.
Le sue origini sono veramente antiche. Da tempo immemorabile il martedì è stato sempre considerato come un giorno funesto, adatto a conflitti, infortuni e guerre. Dobbiamo questa fama del martedì a Marte, il dio romano della guerra che, secondo i romani (estremamente superstiziosi) li aiutava a vincere le guerre ma, in cambio, ribaltava la sorte in vicende un po’ più mondane e meno belliche, per bilanciare la vittoria concessa.
Dobbiamo considerare che, nell’antichità, viaggiare non aveva le connotazioni attuali, quindi si trattava di imprese lunghe e difficili e lo stesso valeva per il matrimonio. La diffusione di questa frase fatta avvenne dopo il medioevo anche in Spagna, soprattutto perché di martedì si persero spesso battaglie importanti. Si sa, la superstizione spesso ci viene in aiuto per trovare spiegazioni che altrimenti non sapremmo dare.

DONDE FUERES HAZ LO QUE VIERES

Si tratta di un modo di dire che già solo in Spagnolo ha moltissime varianti e si usa per indicare che è buona norma conoscere e rispettare le usanze di un paese se vi si deve soggiornare per un lungo o breve periodo.
La frase originale in latino recitava: Cum Romae fueritis, romano vivite more (Se vai a Roma vivi come un romano) e fu utilizzata per la prima volta nel IV secolo da Sant’Ambrogio, uno dei fondatori della Chiesa cattolica attuale e personaggio molto influente nella lotta contro l’arianesimo e il primato del vescovo di Roma.
Con questa frase Sant’Ambrogio non voleva darci una lezione di empatia o senso civico, ma invitava i cittadini a rispettare e seguire solo i precetti della Chiesa cattolica romana. Con gli anni è diventata di uso comune in tutto il mondo, cambiando il suo significato e indicando che il miglior modo di integrarsi in una comunità è rispettare e adeguarsi alle usanze del posto.
Questa è una delle mie frasi fatte preferite e più usate dato che credo fortemente nel rispetto delle usanze altrui, e nei miei viaggi la ripeto anche a me stessa per cercare di capire la cultura e abitudini di chi mi trovo davanti.

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NO DEJAR TÍTERE CON CABEZA

Cominciamo dicendo che quest’espressione ha origine nel libro non religioso più venduto e più tradotto al mondo: Don Chisciotte della Mancia (El Ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha).
Non è l’unica espressione che questo capolavoro ci ha regalato, infatti tuttora sono tantissime le frasi colloquiali che popolano la lingua spagnola grazie alla maestria del grande Miguel de Cervantes.
Ma torniamo a noi. No dejar títere con cabeza che, letteralmente, significa non lasciare burattini con testa, si usa per indicare quando qualcuno, infuriato, ha distrutto tutto quel che ha trovato o ha offeso e umiliato le persone che gli stavano intorno. Ma non sempre ha un significato negativo, a volte si usa anche per indicare quando una persona, con astuzia, riesce a lasciare senza parole chi gli andava contro.
Nel libro non compare la frase così come la conosciamo oggi, ma viene descritta in uno dei passaggi del volume II. Nella scena, Don Chisciotte, in preda a una delle sue allucinazioni, sguaina la sua spada e “lotta” contro le marionette dello spettacolo a cui assisteva.

NI CHICHA, NI LIMONÁ
Questa frase si utilizza per indicare quando non si sa bene cosa sia un qualcosa che abbiamo davanti, un piatto, una situazione, un oggetto, ecc. È come a dire che non è né una cosa né l’altra.
La chicha è una bevanda tipica dell’America centrale, è alcolica, si ottiene dal mais, ha origine preispanica e un sapore molto caratteristico. Mentre la limonada, è semplicemente la limonata, bevanda non alcolica e molto rinfrescante. Quindi, letteralmente vorrebbe dire “ne chicha, ne limonata”.
Si dice che in origine la frase veniva usata per indicare una terza bevanda che non aveva molta personalità, e aveva poco sapore, quindi non era “ni chicha ni limoná”. Con il tempo però il suo uso si è esteso ad altri ambiti e oggi si usa anche per indicare, per esempio, un film che abbiamo visto e non era né bello né brutto, o un piatto che ha poco sapore.
DARLE UN CUARTO AL PREGONERO

 

Questa frase, che letteralmente significa dare una moneta al banditore, si usa per indicare quando è stata divulgata un’informazione che invece doveva rimanere segreta.
La figura del banditore è veramente antica. Si trattava di quelle persone che, per mandato di re o governanti, andavano in giro facendo conoscere a suon di urla nuove leggi e ordinanze.
Ma i banditori lavoravano anche per i privati. Se una persona abbiente voleva far conoscere una notizia, o annunciare il suo arrivo dava “un cuarto” (equivalente a 4 maravedís de vellón, moneta coniata in Spagna dal XIV secolo fino al XIX secolo) al banditore o araldo, che si incaricava poi di “far passare la voce”. Si usava, per esempio, per annunciare matrimoni, battesimi, funerali, ecc.
Questo modo di diffondere le notizie subito si paragonò colloquialmente al modo in cui si diffondono i gossip e le notizie di quartiere. Così, tutt’ora si dice “lo mismo es decírselo a Fulanito, que dar un cuarto al pregonero” (dirlo a Tizio è come dare una moneta al banditore), per indicare una persona poco adatta a tenere segreti.
HABLAR POR LOS CODOS
“Hablar por los codos” si utilizza per indicare quando una persona parla troppo, senza mai fermarsi e dicendo cose di poca rilevanza. Letteralmente significa “parlare dai gomiti” e a volte si usa anche nella variante “HABLAR HASTA POR LOS CODOS”, quindi parlare anche dai gomiti.
Le sue origini non sono certe, ma sappiamo che non sono neanche moderne, perché già compariva nei dizionari del XVIII secolo.
Si dice anche che probabilmente l’allusione ai gomiti dipenda dal fatto che quando le persone troppo chiacchierone parlano, fanno un gesto con il gomito per attirare l’attenzione di chi hanno a fianco, oppure toccano con la mano il braccio o gomito dell’ interlocutore.
Alcune fonti segnalano il suo uso già nell’antichità, nei poemi satirici di Quinto Orazio Flacco, poeta romano del 65 a.C.
ARRIMAR EL ASCUA A SU SARDINA

 

Letteralmente significa “avvicinare la brace alla propria sardina” si utilizza quando qualcuno approfitta della situazione a proprio vantaggio e si fa evidente il suo comportamento egoistico.
Per conoscere le sue origini oggi viaggeremo in Andalusia, fra il XVIII e il XIX secolo, dove i braccianti lavoravano la terra in cambio di pochi soldi che bastavano giusto per comprare del pane. Questi braccianti pranzavano sui campi, nei quali accendevano dei fuochi per cuocere delle sardine arrosto, da mangiare con il pezzo di pane che si portavano da casa.
Siccome man mano che si toglievano i pezzi di brace il fuoco si spegneva e non bastava per tutti, ciascuno cercava di arrivare primo per cuocere la sua sardina. Con il passare del tempo, questo modo di mangiare scomparve, proprio per evitare le risse fra i lavoratori.
Ancora oggi, però, quando qualcuno cerca di essere il primo a usufruire di qualcosa o ad aggirare la situazione a proprio vantaggio, si dice che “arrima el ascua a su sardina”.
ATAR LOS PERROS CON LONGANIZAS

 

Significa “legare i cani con le salsicce” ha le sue origini negli inizi del XIX secolo. Viaggiando fino a quel periodo arriviamo, di preciso, a un paesino chiamato Candelario. In questo paesino viveva un signore conosciuto da tutti come “el tío Rico”, dato che oltre ad essere ricco il suo cognome era proprio Rico.
Constantino Rico possedeva una fabbrica di insaccati che produceva delle salsicce molto famose, e dava lavoro a tante persone del paese. Un giorno, un’operaia, stanca dei fastidi creati da un cagnolino che stava sempre in fabbrica, lo legò a un tavolo usando le salsicce come corda, in mancanza di collare.
In quel momento, passò da quelle parti un bambino, che vedendo la scena corse a dire a tutti in paese “En casa del tío Rico atan los perros con longanizas” (a casa del signor Rico legano i cani con le salsicce). Così, da allora, la frase fu sempre usata nel paesino e valicò anche le sue frontiere.
Tutt’oggi usiamo questa frase sia per indicare abbondanza che per indicare povertà, in base al senso con cui la pronunciamo.
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A LA VEJEZ, VIRUELAS
Questa frase, che letteralmente significa “vaiolo da vecchi”, si usa per indicare qualcosa che si fa fuori tempo, in età non consona (almeno secondo i canoni sociali). Per fare un esempio, viene usata quando una persona non tanto giovane si innamora di un’altra molti anni più piccola, o quando magari un cinquantenne indossa i vestiti di moda fra gli adolescenti.
Questa volta dobbiamo l’origine a una commedia teatrale scritta da Manuel Bretón de los Herreros e uscita nei teatri della Madrid del 1824. L’opera si intitolava proprio “A la vejez, viruelas” e raccontava gli intrecci amorosi di due vecchi innamorati di persone molto più giovani di loro.
Si sa, il vaiolo è una malattia che compare principalmente nei bambini, quindi l’opera voleva mettere in risalto quanto può essere fuori tono l’amore fra anziani e giovani (situazione che in quell’epoca era molto comune).
Così, ancora oggi, quando qualcosa ci sembra poco consona all’età del soggetto, gli diciamo “A la vejez, viruelas”.
 
AQUÍ HAY GATO ENCERRADO
Un altro dei nostri modi di dire spagnoli, che letteralmente significa “c’è un gatto rinchiuso” si utilizza per indicare una situazione dubbiosa, in cui si rischia di essere presi in giro o in cui non ci viene detta tutta la verità.
Per conoscere le sue origini dobbiamo fare un viaggio tra il XVI e il XVII secolo, quando per tenere i soldi si usavano dei sacchetti in pelle nascosti fra i vestiti o in qualche punto strategico di casa.
I ladri controllavano da vicino la persona che ipotizzavano avesse delle monete nascoste e quando ne erano abbastanza convinti si passavano la voce dicendo “aquí hay gato encerrado”, cioè abbiamo delle monete da poter rubare!
Ancora oggi non è chiaro se si usasse il termine gatto perché inizialmente queste buste venivano fatte con la pelle dei felini o perché i ladri in quel periodo venivano chiamati gatti, dato che il loro stare sempre in agguato ricordava il comportamento di quest’animale.
L’abbiamo visto anche in altre frasi, i gatti suscitano in noi umani tantissimi sentimenti, e non sempre positivi, nonostante siano creature meravigliose.
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DAR GATO POR LIEBRE
Se lo traducessimo letteralmente, diremmo “dare gatto per lepre”. Si usa per indicare quando si dà coscientemente una cosa di qualità inferiore come se fosse di buona qualità, ingannando così il cliente o la persona a cui si offre.
Dobbiamo le sue origini alla cattiva fama delle osterie e locande soprattutto fra il XVI e il XVII secolo. Si dice che a quei tempi, le osterie offrissero spesso cibo di dubbia qualità e che i forestieri temessero sempre di essere fregati.
Tanto è vero che, spesso, davanti a un piatto di carne recitavano uno scongiuro “Si eres cabrito, mantente frito, si eres gato, salta al plato” (se sei capretto rimani fritto, se invece sei gatto salta sul piatto). Diciamo che, essendo già cotti, né capretto né gatto saltavano mai sul piatto e i commensali rimanevano sempre col dubbio, ma si sa, quando la fame è tanta, si mangia quel che si ha.
Sebbene lo scongiuro non funzionasse affatto, in qualche modo aiutò a far rimanere impressa questa frase nel linguaggio popolare e farla arrivare ai giorni nostri.
Hanno mai cercato di darvi gatto per lepre?
ARMARSE LA MARIMORENA

 

Da poco abbiamo visto l’origine della frase “se armó la gorda”, e oggi vedremo come “se arma la Marimorena”. In effetti sono un po’ simili come significato, ma non per questo diremo che gli spagnoli siano rissosi o scontrosi 😊.
Quest’espressione, che significa che sta per scoppiare una rissa, ha le sue origini in una taverna di Madrid del XVI secolo. I proprietari del locale, Alonso de Zayas e sua moglie Maria Morena, riservavano il loro miglior vino alle persone altolocate.
Un giorno un gruppo di soldati chiese di essere servito con la loro miglior bevanda, e i proprietari si rifiutarono di sprecare un vino così pregiato con dei semplici soldati. Da qui partì una grande rissa nella quale si racconta che fu proprio la Maria Morena a dare più colpi! Questa vicenda finì addirittura in un procedimento giudiziario.
Si dice che Maria Morena fosse una donna di carattere, che metteva subito al loro posto i clienti che non volevano pagare o che avevano bevuto troppo. E così il suo nome si usa ancora al giorno d’oggi per indicare un’imminente rissa o litigio.
Una nota importante: questa Marimorena non è la stessa della canzoncina natalizia, che fa riferimento alla Madonna.
A OJO DE BUEN CUBERO

 

Si usa in Spagnolo per indicare quando qualcosa viene fatta di forma approssimativa, senza usare nessuno strumento di misura.
Dobbiamo le sue origini alle persone che nell’antichità costruivano le botti, e cioè i “cuberos”. A quei tempi non avevano a disposizione strumenti che gli permettessero standardizzare la produzione delle botti, così i “cuberos” cercavano di costruirle tutte alla stessa misura, seguendo semplicemente la loro intuizione.
Così, quando la nostra vicina ci spiega l’ultima ricetta fatta da lei, per la quale non ha seguito misurazioni o pesi precisi, ci dice “l’ho fatto “a ojo de buen cubero””. Ce lo potrebbe dire anche il muratore che ci sta tirando su il muro del giardino, ma speriamo che lui eviti di fare il calcestruzzo “a ojo de buen cubero”.
¡SE VA A ARMAR LA GORDA!
Dicendo questa frase, è evidente che gli eventi in corso genereranno un problema grande oppure scateneranno una rissa.
Le sue origini le dobbiamo alla rivoluzione del 1868, conosciuta come “La Gloriosa”, e che provocò l’esilio di Isabella II di Borbone. Dopo la rivolta militare, molte persone si riferivano al caos che si stava per creare come “la gorda”, usando precisamente l’espressione “se va a armar la gorda”. In Spagnolo a volte si usa il termine “gorda” che letteralmente significa “grassa, grossa” per indicare qualcosa di grande, un po’ come dire “un grosso problema”.
È quindi dai tempi di Isabella II che gli ispanofoni usano l’espressione “se armó la gorda” o “se va a armar la gorda” per indicare qualcosa di grande che sta per succedere.
ECHAR CON CAJAS DESTEMPLADAS
Questa frase, che letteralmente significa “cacciare via a suon di tamburi stonati” si usa per indicare quando si caccia qualcuno da un posto in un modo abbastanza brusco, o addirittura urlando.
Le sue origini le troviamo nel mondo militare. Fanno riferimento ai suoni che si facevano quando un soldato veniva cacciato dall’esercito per un suo comportamento erroneo o un prigioniero era portato alla gogna. Sebbene non si usassero le urla, in quelle situazioni si facevano suonare i tamburi in modo stonato e senza ritmo.
Così, ancora oggi, quando qualcuno viene mandato via accompagnato da insulti, grida o brutte maniere, si dice che “SE LE ECHA CON CAJAS DESTEMPLADAS”.

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