Fare il traduttore: una professione che cambia nel tempo…

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Questa riflessione di oggi, che collega “fare il traduttore” e “la Storia” è scaturita da due miei nuovi, recenti, interessi.

Il primo è che ultimamente sono appassionata, ve ne sarete accorti anche dal mio profilo, a una serie TV spagnola chiamata “El ministerio del tiempo”, che narra le avventure di una pattuglia del Ministero del Tempo, un’istituzione immaginaria che si occupa di ripristinare la Storia, dopo che i viaggi nel tempo tentano di sovvertirne l’ordine.
Guardando i vari episodi, mi soffermo spesso a pensare al passato e ai bivi che le persone hanno preso nel tempo, a come la storia sarebbe potuta cambiare, semplicemente prendendo altre direzioni.

In più, ultimamente, sto leggendo un libro davvero molto interessante, che ti consiglio, dal titolo “L’arte di esitare. Dodici discorsi sulla traduzione”. Ecco la sinossi: “In queste pagine ricorre l’immagine del caos del mondo dopo Babele. Il lavoro del traduttore consisterebbe dunque nella necessità di riportare il disordine che ne è seguito a un ordine accettabile e condivisibile.”
Un ruolo molto simile a quello del Ministero del Tempo, non trovi?

Quando è nata la traduzione?

Senza dover per forza ricorrere alla Torre di Babele, non esiste un vero e proprio inizio della storia della traduzione, che si possa datare in un’epoca o localizzare in un paese preciso. Se ne parlava già ai tempi della Stele di Rosetta degli Antichi Egizi, redatta in due lingue perché il contenuto fosse ugualmente comprensibile a tutti i destinatari coinvolti nel messaggio, visto che si trattava di temi importanti: pagamenti di tasse e onori da tributare al faraone. Possiamo però dire che i primi veri e propri documenti scritti riguardanti la traduzione siano collegati alla Bibbia. Non per niente, la Bibbia è stata, e resta, il libro più letto e venduto al mondo, e anche quello più tradotto in innumerevoli lingue.

Chi si occupava, nei tempi passati, delle traduzioni?

Secondo ANITI, il portale dei traduttori, “Se non fossero esistiti i traduttori non sarebbe sopravvissuta la cultura”. In effetti, niente avvicina mondi diversi come la traduzione. Ma se fare il traduttore, in epoche passate, era unicamente appannaggio delle persone più erudite, dei saggi e degli acculturati che erano abituati a parlare più lingue, nel corso del tempo, e dei contatti sempre maggiori tra culture diverse, il ruolo del traduttore è diventato sì, sempre più diffuso, ma si è anche diffusa la malsana idea che chiunque sapesse più di una lingua potesse tradurre.
Questo ha reso la traduzione quasi equiparabile a un hobby o un talento da sfoggiare all’occasione, che un mestiere vero e proprio. Rendendo, in questo modo, la traduzione un lavoro sottopagato e sottovalutato.
Per questo, paradossalmente, ora fare il traduttore è un lavoro non sempre compreso, ed è piuttosto recente la sua “riabilitazione” a lavoro vero e proprio. Infatti, le scuole specialistiche per diventare traduttori, i testi e, infine, gli strumenti informatici dedicati sono piuttosto recenti, rispetto a quanto è stato fatto con le altre professioni naturalmente riconosciute nel tempo.
Ed è sempre, relativamente, recente, l’esistenza di traduttori altamente specializzati in settori di nicchia, che dedicano studi approfonditi ad argomenti specifici, distanziandosi sempre di più dalla figura del “traduttore per caso”, quello che sa le lingue perché è stato sei mesi in Spagna. Ne abbiamo già parlato in un articolo precedente: “5 motivi per scegliere un traduttore professionista”.
Per fortuna, quello del traduttore si configura sempre di più come un lavoro altamente specializzato, riabilitandolo, oltre che come figura di pubblica utilità, anche a livello economico. E poi, anche di questo abbiamo già parlato, il guadagno di un traduttore dipende moltissimo dalla sua specializzazione e professionalità.
Una traduzione sbagliata può modificare radicalmente la comprensione, causando anche errori enormi. Ti invito a leggere un articolo di Romolo Capuano: “Per un errore di traduzione, Michelangelo scolpì Mosè con le corna”, dove si racconta che, per ispirarsi alla Bibbia, Michelangelo prese per vera la versione di San Gerolamo, che parlava di un Mosè cornuto, anziché raggiante. Errori tragicamente divertenti, visti col senno di poi, ma… chissà se, in futuro, riusciremo a non sottovalutare l’importanza di una traduzione fatta come si deve?

 

In uno dei prossimi appuntamenti parleremo della traduzione dei romanzi nel passato.
Immaginate fossero affidate a qualche scrittore ispirato, che magari conosceva più lingue e si dilettava nell’arte della traduzione? No, la maggior parte delle volte le traduzioni letterarie venivano assegnate a gente che la lingua la conosceva poco, e magari moriva di fame… per tirar su qualche spicciolo, portava Zola nella sua lingua, naturalmente trasformandolo in tutt’altro! Questa è la ragione per cui ci sono tante nuove edizioni dei grandi classici, naturalmente anche molto diverse dalle prime traduzioni…

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